Webbando: Nes…. Nes Forever!

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Settembre e ricominciano i lavori, gli impegni scolastici, le corse a destra e a manca e ci vorrebbe una pausa, ma non sempre vi potete trascinare dietro, nei vostri portatili o nei computer dell’ufficio, i vostri amati emulatori e allora cosa vi pare di un sito che vi consenta di giocare a più di 2000 giochi per NES, ottimamente emulati, con tanto di opzioni per salvare posizione, prendere immagini o girare dei filmati? Immagino che la vostra reazione sia molto positiva e dunque ecco a voi NESFOREVER

ImmagineSiete in astinenza da Super Mario Bros e volete fare una partita? Eccovi serviti

2Dopo però non veniteci ad accusare se vi hanno pizzicato o se il vostro impegno latita 😀

Webbando: i gatti di Mario

Mario avrà gatti? Nel caso devono avere una vita molto movimentata….

Per essere sinceri c’è una grande possibilità che si tratti semplicemente di un abile montaggio audio-video, ma resta divertente e poi prendetelo come una anticipazione di un regalino che potrete trovare domani in questo sito.

Segnalazioni: Dragon’s Lair 30 anni dopo

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Segnalo un interessante articolo sopra Dagon’s Lair in occasione del trentesimo anno di uscita. Lo trovate pubblicato su The Retrogames Machine. Ripostiamo un video con le scene tagliate (come una produzione cinematografica anche il buon Dragon’s Lair aveva parti “mai andate in onda”). Buona lettura e buona visione.

APPROFONDIMENTI: Perché non ci convince L.A. NOIRE (Team Bondi, Rockstar Games, 2011)

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A Matatari ci occupiamo di retrogame con molto piacere, ma non vogliamo trascurare neppure le uscite più recenti e così eccoci a parlare di L. A. Noire del Team Bondi.

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Non si tratta di una recensione, anche perché avrete avuto modo di leggerne e rileggerne varie all’epoca della pubblicazione e dunque sarebbe inutile raccontarvi nuovamente la vicenda. Vogliamo però concentrarci, freschi freschi dall’averlo concluso, sul perché riteniamo che si tratti di un cattivo esito di un lavoro che, sulla carta e non solo, pareva avere tutte le caratteristiche per essere il grande colpo (effettivamente ha avuto ottimi giudizi e vendite). L’idea di un GTA investigativo, una sorta di avventura grafica e d’azione, con possibilità di passeggiare per una America degli anni ’40 è certo allettante. Il vasto successo di Mafia (nulla a che vedere con quella porcheria di Mafia 2 N.d.R.) è il chiaro segnale che i giocatori amano queste ambientazioni e non crediamo che il capolavoro della Illusion Softworks abbia già esplorato tutte le possibilità, tanto più che il seguito è stato una grossa delusione. Il già defunto Team Bondi ha lavorato al progetto, tra alti e bassi, per ben sette anni, dico sette anni, eppure alla fine la sensazione di avere tra le mani un gioco non finito è forte, non finito oppure con un eccessivo alternarsi di programmatori. Di fatto la storia principale non si solleva mai dalla monotonia dell’inseguire, catturare, pedinare, sparare… i due grossi blocchi narrativi, uno principale che vi accompagnerà, ora più evidente ora meno, fino alla fine della vicenda (ma spesso parrà un pretesto N.d.R.), un secondario riguardante un celebre caso di omicida seriale, risultano come non davvero sviluppati ma semplicemente ottenuti accostando missioni.

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Quello che colpisce di un lavoro di 7 anni è il livello di disattenzione a particolari che, a nostro parere, finiscono per rovinare la sensazione di gioco. Ad esempio l’aspetto investigativo, in teoria fulcro reale del gioco, si limita alla fine ad un raccogli ed esamina i pochi oggetti presenti sulla scena, alcuni un po’ nascosti, scartando automaticamente quella “spazzatura” (bottiglie, pacchetti di sigarette, qualche soprammobile) inutile al fine delle indagini. Un po’ poco. Il problema più grave, secondo noi, è però la sensazione di linearità estrema dell’indagine. In molti casi vi troverete a ispezionare delle abitazioni, scene del delitto o case di indagati, e scoprirete che solo poche stanze sono visitabili, le altre sono inaccessibili, porte che non potete neppure tentare di aprire, semplicemente verranno ignorate. Capite che vedere il vostro investigatore fregarsene apertamente di 2 o 3 stanze quando indaga alla ricerca di prove di un delitto provoca una strana sensazione. Avessero almeno aggiunto una frase del tipo “è chiusa” o “è bloccata”, non dico che sarebbe migliorato di molto, ma forse la sensazione di “è tutto già collocato dove devi trovarlo” si sarebbe ridotta.

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La sensazione del compitino da eseguire fino in fondo viene anche dal cattivo funzionamento nella lettura degli indizi. Se trovate un documento e lo scorrete rapidamente, senza starvi ad ascoltare tutta la solfa letta dall’attore, vi capiterà di non far scattare l’acquisizione della prova e dunque dovrete rileggere, piano piano, seguendo il tempo prestabilito. La cosa si renderà evidente quando, dopo aver passato una mezz’ora esplorando tutta la zona, aver tentato di andare da altre parti e vagato in preda ai dubbi, scoprirete che vi mancava solo di acquisire una prova che voi, prima, avevate letto, ma il programma non aveva considerato perché fatto con troppa fretta.

Altro aspetto, la semplificazione estrema di certe prove, se le trovate bene, se non le trovate ve le indica qualche poliziotto o il collega di pattuglia. In un altro caso dovrete risolvere degli indovinelli, ogni indovinello corrisponderà a una località particolare, di quelle che potete evidenziare, se le incrociate, schiacciando il tasto X. Bene, dato che è probabile che non abbiate visto tutte le località e altrettanto molto probabile che non siate in grado di risolvere tutti gli indovinelli. Ovviamente obbligarvi a vagare sopra un territorio talmente vasto (1600 km quadrati che sentirete tutti quando dovrete saltare da un capo all’altro per questa o quella missione -volendo potete far guidare il compagno saltando direttamente a destinazione-) a caccia di località misteriose avrebbe significato rendere il gioco assolutamente insopportabile, allora come viene risolta? Dopo un po’ che starete vagabondando il vostro personaggio avrà una improvvisa intuizione… per favore, se non è indice questo di una costruzione davvero carente delle missioni… è come se i programmatori si fossero concentrati moltissimo sulla ricostruzione della città (certo ben fatta) e sulla innovazione delle espressioni dei personaggi (ma non troppo, come vedremo dopo) e abbiano lasciato da parte l’organizzazione del gioco, finendo per appiccicare missioni e risolvere con qualche trucchetto i punti di totale stallo. Sinceramente 7 anni di lavoro sono un po’ tanti per cose così.

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Il sistema dell’interrogatorio è altrettanto deludente, sia come sia, facciate bene o facciate casino comunque la cosa si avvierà alla soluzione.

Le famose espressioni dei personaggi. Come già saprete L. A. Noire mostra i risultati dell’utilizzo del MotionScan, tecnica di ripresa dei movimenti facciali degli attori. L’effetto è certo molto buono, i personaggi non si limitano a muovere la bocca e a chiudere gli occhi, mostrano una varietà di sentimenti fino ad oggi mai vista sugli schermi. Benissimo dunque… benissimo un accidenti, vi capiterà di ritrovare gli stessi volti riutilizzati in personaggi che incontrerete nel corso di alcune missioni, nuovamente proverete quella sensazione di totale artificiosità (o dobbiamo pensare di essere in una città con altissima incidenza di parti gemellari N.d.R.) del tutto: potevamo capire se i volti si ripetevano tra i passanti, ma le missioni del gioco?! Altro indizio di una scarsa attenzione riposta nella costruzione delle missioni.

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I personaggi. Non sappiamo quale sarà stata la vostra reazione, ma noi non ci portiamo dietro il ricordo di neppure un personaggio di questo gioco. Praticamente non troverete un solo personaggio che vi susciterà interesse o simpatia, al massimo un paio vi risulteranno un po’ antipatici, ma niente di particolare. Per parte nostra non c’è neppure paragone con la sensazione di empatia provata con Thomas Angelo in Mafia o, per parlare di giochi più recenti, con i personaggi di The Walking Dead.

Ovviamente ci sono tutte le tipiche stranezze di questo genere di giochi, personaggi che svaniscono, attraversano i muri, auto, volano a mezz’aria etc… ma queste non ci sembrano troppo gravi e sono abituali. Riguardo ai personaggi dobbiamo notare un’altra cosa, per essere un gioco che vuole mostrare un forte realismo sembra che quasi tutti i personaggi principali siano usciti da una famiglia di circensi: non abbiamo idea se per voi sia comune, ma vedere Phelps e colleghi arrampicarsi come nulla fosse lungo tubi di scarico, oppure il vostro protagonista compiere equilibrismi degni dei Wallendas ci risulta alquanto curioso, compreso Biggs, il vostro collega piuttosto in carne, si cimenterà in queste prodezze… il tutto da parte di un personaggio che però non ha il comando per saltare quando gli pare…

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Ora alcune sfumature (ma per noi non marginali). Ad un certo punto, se farete male una indagine, il vostro capo si mostrerà estremamente contrariato, subito dopo la missione successiva inizierà con un bel video nel quale, con un sorrisone così, il vostro boss vi farà degli ampi e lietissimi complimenti per la perfetta risoluzione del caso precedente (sarà bipolare? N.d.R.). Altra cosa, sfasciate l’auto oppure vi rompete del catorcio assegnatovi e prendete una qualsiasi altra macchina? Arrivate al luogo di una missione secondaria o della principale e vi capiterà di vedervi arrivare sul catorcio, magia! Finito il video vi troverete al volante del catorcio. La macchina che avevate scelto è svanita nell’aria…

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In questa breve carrellata delle ragioni per cui, a nostro parere, L.A. Noire è un sonorissimo fiasco c’è spazio anche per il pessimo Free-Roaming. Di fatto non potrete fare quasi nulla, a parte viaggiare con i veicoli, investire qualche pedone o sfasciare le altre auto, niente di più. Volete provare i ruggenti anni della lotta al crimine organizzato? Vi piacciono i Thompson, i cappelli borsalino e le auto d’epoca? Comprate Mafia o rigiocate a Mafia (lo abbiamo fatto più di una volta, a distanza d’anni, e resta un divertimento assicurato). Se proprio volete provare L. A. Noire (ancora piuttosto costoso N.d.R.) ricordatevi che vi troverete davanti ad un prodotto esteticamente curato, ma poco approfondito, con una trama che non decollerà mai salvo le ultime missioni quando tutto accadrà rapidamente non suggerendo una evoluzione del personaggio. Durata media tra missione principale e alcune delle secondarie anche 40 ore, non male, ma saranno 40 ore in gran parte noiose, dove i colpi di scena saranno pochi e le novità, una volta affrontate due o tre tipi di missioni, saranno rare e minime. Speriamo che le innovazioni tecniche, certo apprezzabili, vengano impiegate in qualcosa di migliore.

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VARIAZIONI CLIMATICHE? NOI DI MATATARI ABBIAMO LA PROVA!

Non ci sono più le mezze stagioni, quante volte sentite ripetere questa frase? Siamo poi in tempi di cambiamenti climatici e dunque è all’ordine del giorno commentare l’anticipo o il ritardo del caldo o del freddo come prova di questo o quell’effetto. Bene, noi a Matatari, nonostante ci occupiamo solo di videogiochi, siamo in grado di darvi una ulteriore prova che qualcosa è cambiato. Un fenomeno stagionale che oramai siamo abituati a vedere “sui nostri schermi” anticipa il suo arrivo riproponendosi però immutato nella sostanza. Stiamo parlando della correlazione tra violenza reale e la violenza digitale di GTA

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L’ondata di polemiche che solitamente facevano da contorno della uscita del nuovo GTA questa volta hanno sfornato un antipasto e così, mentre ancora si attende il nuovo pargolo di casa Rockstar, già i giornalisti iniziano a battere il tamburo e a riaprire le cartellette “giochi violenti” nei loro archivi per sfornare un pezzo adatto al momento. Cosa possiamo dire? Pensiamo che l’unica risposta sia quella di Jeff Minter in una intervista di molti anni or sono (a riprova di quanto sia ritrito il tema) apparsa sul primo numero di The Games Machine UK e poi tradotta sul primo numero di TGM italiano (a proposito, auguri per aver raggiunto i 300 numeri N.d.R.).

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Webbando: Tiggit – il vostro cerca giochi indipendenti

Questa domenica non vi proponiamo un remake di un celebre gioco, ma qualcosa di altrettanto interessante. Siete stufi di vagare, da sito a sito, a caccia di giochi indipendenti? Vi piacerebbe avere un programmino che ve ne segnalasse una gran quantità (almeno 500) permettendovi con un semplice click di scaricare e giocare? Se la risposta è sì allora dovete provare Tiggit.

client_a031_650Con una rapida installazione avrete a disposizione, divisi per categorie, una grande quantità di giochi indipendenti, con tanto di immagine e descrizione, e basterà dare un comando perché Tiggit li scarichi sul vostro computer e li avvii. E che si può chiedere di più?

Pubblicità d’epoca: SEGA

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Ammettiamolo, noi videogiocatori italiani abbiamo, almeno una volta nella vita, fatto una battuta sopra questa gloriosa azienda giapponese. Il nome rendeva impossibile evitare una qualche allusione in terra italiana nonostante i tentativi di mascherare con la pronuncia SIIIIGA da parte di trasmissioni per ragazzi e non (a proposito del filmato, ma Debora Magnaghi aveva scambiato i comandi per una pianola?)

A quanto pare il nostro dar di gomito e i nostri risolini colpivano nel segno. Pur evidentemente non essendoci un diretto collegamento tra il nome del produttore e il significato osceno diffuso nella nostra lingua, alla SEGA, negli anni ’80, hanno pensato che qualche pubblicità più “a tinte forti” ci poteva stare e così….

0063e16e0e1e9997455a7ece64c870c5465dc8b3_mtumblr_larccjohBV1qapuobper casualità, almeno così crediamo, il divertimento dei ragazzi italiani (alludiamo alle battute relative al celebre marchio N.d.R.) ha trovato all’estero una conferma attraverso una campagna che risulta curiosa e che certo era molto differente dalla rigida mentalità della Nintendo, casa produttrice molto stretta in fatto di censura e con un vero e proprio elenco di argomenti tabù, cosa ben nota a quei disgraziati che dovevano modificare e modificare i videgiochi al momento del passaggio sulla piattaforma Nintendo.

ANNUNCI: SHADOW OF THE BEAST BIS (Playstation 4)

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Rocky I, Rocky II, Rocky III, Rocky IV… Terminator I, II, III… seguiti, seguiti che spesso deludono, in particolare se arrivano dopo molti anni, quando oramai si è consolidata nella memoria una certa immagine e poi ti ritrovi davanti un vecchietto che tenta di fare il giovane eroe (o peggio ancora un vecchietto che passa il tempo a ironizzare sopra quanto è vecchio, vedi Indy IV N.d.R.). I seguiti quasi post-mortem dell’attore o degli ideatori sono una piaga che infetta il cinema mondiale, nel mondo dei videogiochi, abbiamo visto il caso Bugaboo, si tenta di ridare splendore a vecchie glorie, contando sopra più colore e qualche effetto in più, i risultati sono spesso discutibili; esiste però, a nostro parere, qualcosa di ancora più pericoloso dei seguiti e sono i remake. Spieghiamoci, i remake a livello “casalingo” li riteniamo delle opere meritorie, spesso in grado di consentire l’accesso a titoli che altrimenti non girerebbero o funzionerebbero solo parzialmente: a Matatari, come avete visto, i Remake non sono snobbati, anzi, ma il Remake commerciale è quello che ci preoccupa perché, come avviene anche nel cinema, appare un po’ essere la tomba della creatività, si rischia di appoggiarsi al già fatto, aggiungendo un po’ di cose, magari pasticciando con altri videogiochi successivi, ma non si lavora a dare nuova forma. Così come per il cinema pensiamo che anche per il mondo dei videogiochi “la colpa” sia dell’età dei giocatori, ovvero la presenza di un numero abbastanza ampio di generazioni tra le originali e quelle odierne che consenta di fare dei remake perché il mercato è composto da gente che, in buona parte, non ha mai visto l’originale.

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Nel mondo dei videogiochi è tutto accellerato e così la generazione del Shadow 1989 è distante anni luce da quella del Shadow 2013, nel cinema le cose solitamente interessano un gruppo maggiore di anni. Così non abbiamo preso molto bene l’annuncio della prossima uscita di un nuovo capitolo, il quarto, di Shadow of the Beast, anzi per la precisione di un rifacimento del primo capitolo. All’epoca della sua pubblicazione Shadow of the Beast faceva urlare gli amighisti (e possessori del Atari ST) per la grafica spettacolare e faceva altrettanto urlare (dalla rabbia) i giocatori per la difficoltà estrema, ma restava comunque un gran bel gioco. Certo, della esistenza di Aarbron tramutato in mostro non si vedeva poi molto, a meno di non essere un mago del joystick o di usare qualche trucco, ma l’effetto rimaneva e ancora oggi Shadow the Beast è un nome riverito ed un simbolo della, ahimé defunta, Psygnosis. L’anno successivo (1990) arrivò Shadow of the Beast II, dove questa volta eravate nei panni di una sorta di uomo delle caverne, sempre a sfidare l’ennesimo mago crudele (ma diverso rispetto al primo episodio). La formula era nettamente cambiata, dal platform con pochi enigmi si passava ad una sorta di avventura. La grafica era piuttosto monotona rispetto al predecessore e in generale non si può dire che questo seguito si mostrò memorabile. Nonostante le aspre critiche anche per la difficoltà se possibile aumentata, nel 1992 venne fuori Shadow of the Beast III. Ritornate a impersonare Aabron, ma questa volta in vesti completamente umane, in una serie di enigmi complessi. Risultato certo superiore alla puntata precedente (alcuni lo hanno addirittura ritenuto il migliore della serie) ma personalmente abbiamo continuato a preferire il bestione del primo episodio. Adesso la Sony, in occasione della uscita della nuova Playstation, ha annunciato la preparazione, in esclusiva per il mercato Playstation, di un remake di Shadow of the Beast! Per ora esiste solo un trailer, dunque è difficile ipotizzare se l’esito ci stupirà o confermerà la regola, intanto notiamo che, per quanto sia un remake del primo, il trailer non restituisce le caratteristiche grafiche che connotavano il primo Shadow (e in parte il terzo), pare aver subito l’influsso dei vari Prince of Persia e sotto sotto temiamo che alla fine sarà qualcosa del genere, ma c’è sempre possibilità di una sonora smentita e ci farebbe assai piacere!

SALA GIOCHI: Superman (Taito, 1988)

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Ah la sala giochi… quando sentiamo parlare del problema del “bullismo” pensiamo sempre: voi non eravate in sala giochi nei gloriosi anni ’80. Se la scuola era la II Guerra Mondiale del Bullismo, la sala giochi era il dannato Vietnam: al di là delle luci colorate, i gettoni, le tasche piene e poi subito vuote, era una sorta di dura palestra di vita, ci trovavi gli scrocconi, quelli del “mi presti una monetina?”, i pigiatori che si piazzavano alle tue spalle durante una partita particolarmente prolungata (o ad un gioco molto richiesto) e iniziavano a pigiare più per farti sbagliare che per vedere come giocavi, sperando che toccasse subito dopo a loro. C’era “l’intrufolato”, quello che in barba ai tuoi desideri, speranze o voglie decideva che non potevi giocarti in santa pace la partita e che doveva entrare in gioco al tuo fianco, a volte questi si limitavano a intervenire oppure giocavano la carta della personcina per bene, ti chiedevano, con fare modesto, “posso giocare anche io?”, solo che inserivano subito le monete mentre lo dicevano, come a dire o sì o sì. Non mancavano come allo stadio o al bar “gli espertoni”, quelli che ti suggerivano tutte le mosse anche se non lo volevi e se si scaldavano decidevano, sempre contro il tuo volere, che “quel pezzo è difficile, te lo faccio io” e così ti ritrovavi spinto di lato da queste furie (a volte pure più piccole di te) che si aggrappavano ai comandi come poppanti al seno materno e tendevano a dimenticare di staccarsi quando era passato “il pezzo difficile”. Ovviamente vi era la grande categoria dei bulletti, si aggiravano solitamente con una piccola corte dei miracoli di adulatori, e iniziavano a farti capire di sloggiare, inizialmente con qualche accenno un po’ minaccioso, poi se necessario alzandoti di peso oppure creando un coretto assieme agli amici fino a scassarvi a tal punto le scatole da farvi abbandonare il campo, possibilmente con qualche moneta ancora nella macchina. Se vi dicono che quelli furono tempi luminosissimi e da rimpiangere è possibile che vi troviate davanti a qualche esponente di una di queste categorie, occhio. Certo la sala giochi offriva molto, a volte era l’unico accesso al mondo dei videogiochi perché a casa non volevano o non potevano comprare una console/computer, altre volte era l’unico luogo dove si poteva restare meravigliati davanti a certi sfoggi di luci, colori, animazioni e suoni, per non parlare di tutti gli aggeggi che appiccicavano al cabinato: pistole, mitragliatori, volanti, per non parlare poi dei cabinati che ti consentivano di accomodarti in poltrona e sentire tutte le scosse, i saliscendi e le sbandate riprodotte sullo schermo. Dobbiamo però ammettere che nonostante tutti i vantaggi noi di Matatari abbiamo preferito rifugiarci il prima possibile tra le accoglienti sponde del videogioco casalingo, perdevamo in grafica, ma si guadagnava in concentrazione e gusto… ma ora possiamo goderci anche tutti quei giochi che ci siamo persi, comodamente a casa, spendendo monete virtuali!

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Perché Superman? Nessun motivo particolare salvo l’aver accennato ad un Superman per Atari nella recensione di Adventure. Una breve ricerca sulle incarnazioni videoludiche dell’uomo che portava le mutande sopra i pantaloni ed eccoci al gioco della Taito. La storia in pochissime parole è la seguente: il cattivo di turno, l’imperatore Zaas (è una insetticida? N.d.R.), ha  deciso di conquistare la Terra, voi, in mutande e calzamaglia, dovete zompare per cinque livelli per bloccare il terribile piano. Una trama che non vincerà l’Oscar per la migliore sceneggiatura originale, ma non possiamo farne una colpa a questo genere di giochi. I cinque livelli sono ambientati rispettivamente così: New York-Metropolis, San Francisco,  Las Vegas, Washington D. C. e lo Spazio fino alla Nave dell’imperatore. La grafica è molto buona, colorata al punto giusto e le animazioni sono apprezzabili (anche se un po’ limitate). Ogni livello è sostanzialmente strutturato in 3 fasi distinte che, ahimé, si ripeteranno in una maniera fin troppo evidente nel corso di tutta l’avventura.28136801

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La prima fase vi vedrà a terra, con uno scorrimento orizzontale (da sinistra a destra) mentre affrontate orde di nemici, abbattete qualche muro o griglia e sollevate e lanciate qualche cassa. La varietà degli avversari non è esattamente il massimo, tenderanno a ripetersi nel corso dei vari livelli, salvo di volta in volta aggiungendo ai “soliti noti” qualche nuovo personaggio. Ovviamente in questa prima fase potrete sia camminare al suolo che librarvi a mezz’aria. Attraverso i comandi sarete in grado di sferrare calci o pugni e, tenendo premuto per più tempo il tasto del pugno, otterrete una sorta di palla di forza che scaglierete contro gli avversari.

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Affrontato qualche bestione di fine prima fase il vostro amato eroe si alzerà in volo e affronterà un livello in verticale (dal basso verso l’alto tranne in un caso), altre orde di avversari e altro incontro alla fine con uno scagnozzo più corazzato del solito (ci torneremo).

Parte la terza fase, scorrimento in orizzontale, da sinistra a destra, volerete tra missili, elicotteri, mine volanti e qualche muro da distruggere, usufruendo di pugni e del laser oculare. Arrivati alla conclusione affronterete il nemico di fine livello che andrà cotto in padella.

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Praticamente la descrizione potrebbe finire così, perché questo schema si ripete in maniera evidentissima per tutto il resto del gioco, un livello dall’altro si distingue per la grafica, ma a livello di azione non varia di molto, vengono aggiunti dei nemici, troverete qualche missile in più e il cattivo finale sarà sempre più riparato dietro un insieme di bracci meccanici e lanciamissili, ma non aspettatevi molto altro. Addirittura alcuni dei bestioni di fine fase verranno ripresi, pari pari, in livelli più avanzati, giusto modificandone il colore e magari rendendoli un po’ più aggressivi. Un po’ poco direi, anche per uno schema di gioco da “sala giochi” che certo parte da presupposti differenti di un videogioco casalingo.

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La difficoltà, ecco un aspetto difficile da valutare provando a casa il gioco e con gettoni virtuali. A giudicare dal numero di gettoni fantasma che abbiamo speso si potrebbe dire che il gioco è abbastanza difficile, soprattutto nella seconda e terza fase di ogni livello, mentre la prima fase, apparentemente altrettanto complicata, è in realtà affetto da un difetto di costruzione: in pratica se spostate il vostro personaggio all’estrema destra dello schermo e lo fate avanzare continuamente, incuranti degli avversari, riuscirete a percorrere quasi tutto il livello senza dover sostenere neppure uno scontro, è un bel difetto, all’epoca di chi lo ha giocato in sala giochi poteva certo essere un momento di riposo per i muscoli! La difficoltà dei livelli è soprattutto aumentata dal numero di oggetti sullo schermo, in particolare missili, mine et similia delle terze fasi, mentre i bestioni di fine fase seguono un paio di schemi di combattimento che una volta appresi rendono abbastanza agevole il compito. Ugualmente non abbiamo registrato una impennata evidentissima della difficoltà dei boss di fine livello. Anche il finale non si rivela molto complesso, di fatto se vi concentrate sull’imperatore Zaas è molto probabile che riusciate a concudere senza dover sfruttare un nuovo set di vite.

Superman delude, graficamente certo di buon livello, dal punto di vista del sonoro un po’ ripetitivo durante il gioco (sì, è Williams la base sonora, ma una maggiore varietà sarebbe stata gradita), come gioco lascia molto poco e pensiamo che all’epoca non ci avremmo speso molto dato che, dopo i primi livelli, ci si rende conto che c’è poca speranza di venire sorpresi da qualcosa che non si è ancora visto. Come molti videogiochi del genere è possibile giocarlo in due (per la felicità degli “intrufolati”) guidando un secondo Superman, vestito di rosso. Dato che il manuale e la pubblicità del gioco non fornisce alcuna spiegazione in merito ci si è chiesti se questa scelta sia da considerare una citazione colta di un albetto degli anni ’60,

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o se piuttosto si tratti del più banale ricorrere al medesimo sprite con colori cambiati e nessuna caratteristica differente. Si potrebbe pensare a questa seconda ipotesi, magari come risorsa improvvisata a causa di un qualche problema dell’ultima ora, diciamo questo perché è stato fatto notare da altri, spiluccando nel programma, come vi sia la presenza di una misteriosa “superwoman” tra gli sprites, totalmente assente poi dal gioco definitivo. Sarebbe interessante conoscere la ragione di questo cambiamento, ma non vi sono informazioni al riguardo…

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WEBBANDO: BRUCE LEE (1983) e BRUCE LEE II (2013)

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Nel 1984 la DataSoft pubblicò un videogioco che avrebbe mietuto ampi consensi: Bruce Lee (Ron J. Fortier, Kelly Day, John A. Fitzpatrick). Inizialmente programmato per C64 e poi convertito anche per Spectrum e Amstrad. Dobbiamo ammettere che troviamo ancora oggi l’originale un gioco appassionante, nonostante la grafica certo datata le dinamiche del gioco risultano ancora “ipnotiche” e ad ogni partita finite irrimediabilmente per farne seguire un’altra, nel tentativo di portarlo a termine.

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Allora cosa c’è di meglio di giocare a Bruce Lee II, comodamente seduti al vostro PC? Deve essere quello che ha pensato Bruno R. Marcos, l’autore del seguito.

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Marcos ha conservato intatta la grafica del gioco originale, aggiungendo certo ambienti e nemici, e anche il sonoro sarà una fedele riproduzione del vecchio 8bit. Come per Bruce Lee I, Bruce Lee II risulta molto coinvolgente e finirete per dedicarci diverse ore, ne siamo certi. Avanti allora!

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